[indirettamente, dal libro Real Men Don't Eat Quiche] Una particolare sottovarietà di hacker: uno posseduto da un comportamento irriverente verso la complessità che è arrogante anche quando è giustificato dall'esperienza. L'archetipo del Vero Programmatore adora programmare come su bare metal ed è molto bravo lo stesso, ricorda i codici operativi di ogni macchina che ha programmato, pensa che HLL sono donnicciole, e utilizza un debugger per editare il suo codice perchè gli editor a schermo intero sono per incapaci. I Veri Programmatori non sono soddisfatti con codice che non è stato provato in uno stato di tensione solo per una breve rottura. I Veri Programmatori non usano mai commenti o documentazione scritta: “Se è difficile da scrivere”, dice il Vero Programmatore, “dovrebbe essere difficile da capire.” I Veri Programmatori possono far fare alle macchine cose che non erano mai nei loro fogli delle specifiche; infatti, sono raramente felici quando non possono farlo. Il codice di un Vero Programmatore può incutere timore con la sua brillantezza demoniaca, perfino come il suo spaventoso stato malaticcio. I Veri Programmatori vivono di schifezze e caffè, appendono arte di righe stampate sul muro, e terrorizzano le stronzate che fanno gli altri programmatori — perchè un giorno, qualcuno potrebbe provare a capire il loro codice per modificarlo. I loro successori generalmente la considerano una Cosa Buona che non ci siano molti Veri Programmatori in giro. Per un famoso (e alcune volte più positivo) ritratto di un Vero Programmatore, vedi The Story of Mel' nell'Appendice A. Il termine stesso fu reso popolare da una lettera all'editore nel Datamation del luglio 1983 intitolato Real Programmers Don't Use Pascal di Ed Post, che circola ancora su Usenet e Internet in formato on-line.
Digitando Real Programmers Don't Use Pascal in un motore di ricerca dovresti averne una copia.